Il 28 e il 29 gennaio 2024, l'Antico Convento dei Cappuccini di Grottaglie è stato il palcoscenico della quinta edizione di "Evoluzione Naturale, la fiera del vino naturale, la prima in Puglia e la più importante dell’intero Mezzogiorno d’Italia.

L’Antico Convento dei Cappuccini, situato nella selvaggia Gravina del Fullonese, a pochi passi dal centro abitato della città delle ceramiche, ha una storia che abbraccia secoli di evoluzioni: fondato nel VI secolo dai padri Cappuccini, è stato testimone di trasformazioni epocali, da ospizio di mendicità nel I secolo a convitto femminile dal 1925. Ora, l’antica struttura ritorna a brillare come un autentico centro culturale, una testimonianza viva del patrimonio storico e architettonico di Grottaglie, ed è anche sede della condotta Slow Food Grottaglie Vigne e Ceramiche.

Oltre 60 vignaioli provenienti da tutta Italia, ma anche dall’Austria, Spagna, Slovenia e Libano hanno preso parte nelle sale interne di questo sito storico, ognuno di loro portando con sé un tesoro in degustazione, regalando ad operatori del settore ed appassionati oltre 400 etichette tutte da scoprire. La filosofia comune per tutti i vignaioli è quella della sostenibilità su tutta la filiera produttiva, a partire dalla coltivazione della vigna.

"Evoluzione Naturale" non è stato solo un incontro con il vino, ma un full immersion nelle storie, nelle tecniche e nell'arte che caratterizza il modo di produrre vino artigianale.

Oltre ai banchi d’assaggio, vi sono state due laboratori tematici. Nel primo, intitolato “2022 e 2023: due annate, una difficile sintesi”, moderato da Matteo Galello, cronista del vino, assaggiatore e docente, da Mario Malagoli, docente presso l'Università degli Studi di Padova, e Paolo Ravano, consulente agronomico, si sono poste le riflessioni sulla gestione del suolo e sulla comprensione della fisiologia della vite, offrendo una prospettiva unica su due annate estreme; il secondo workshop, intitolato “Osservare – Attendere. Le annate 2014 e 2015 nel 2024” si sono raffrontati vini di due vendemmie con andamenti climatici opposti, dopo quasi 10 anni dal loro imbottigliamento.

 “Evoluzione Naturale”, come ribadisce Enza De Carolis, organizzatrice insieme con Luigi Armentano e Ciro Cavallo, è più di un evento enologico, una dichiarazione di impegno verso la sostenibilità e l’autenticità nel mondo del vino.

La presenza degli avventori, tra appassionati esperti e semplici curiosi è stata numerosa, decretando ancora una volta il sempre più crescente interesse verso questa tipologia di produzione vitivinicola.

Il sottoscritto ha già espresso il suo pensiero, le titubanze e la sorpresa positiva sul mondo del vino naturale l’anno scorso, a seguito della quarta edizione dello stesso evento, quindi stavolta si soffermerà su quelle che sono le estremizzazioni di alcuni vignaioli, volti a sperimentare nuove tecniche o, meglio, a riprendere quelle antiche, restituendole valore e dignità. Alcune di esse possono sembrare solo una moda, come succede nel settore dell’abbigliamento che va a riprendere vecchie fogge riproponendole in chiave moderna, ma qui parliamo di produttori che nella maggior parte fanno poche migliaia di bottiglie all’anno, che quindi si mettono in gioco rischiando molto, mossi più dalla loro caparbietà che dalla voglia di stupire con effetti speciali. I termini ricorrenti che ho sentito dai vari vignaioli nei loro vini “sperimentali” sono: “bianco macerato”, “macerazione semi-carbonica”, “metodo ancestrale”.

Per vini bianchi macerati, chiamati “orange wines”, si definiscono quei vini da uve a bacca chiara che, dopo la pressatura soffice, subiscono una fermentazione a contatto con le bucce più o meno prolungata, come è uso normalmente per i vini rossi e rosati. Oggi, per convenzione, i vini bianchi, grazie alle macchine moderne, si ottengono separando il mosto dalle vinacce, per evitare la sensazione di astringenza e di amaro a vantaggio dell’acidità e freschezza gustativa. Però, la durata di un vino bianco convenzionale è minore se non si ricorre all’aggiunta di solfiti. Nel caso degli orange wines, si preferisce ridurre l’utilizzo della chimica, dando ai tannini presenti nelle bucce il compito di ottenere vini più strutturati ed anche durevoli nel tempo. Spesso, i bianchi macerati naturali non subiscono filtrazioni e chiarificazioni di alcun genere, presentandosi così con colori che vanno dall’ambrato all’arancione, a volte torbidi, con aromi erbacei e fruttati intensi. In bocca possono ricordare i vini rosati, ma più complessi e tannici.

Tra questi ho apprezzato il Kairos dell’azienda De Quarto di Leporano (TA), un Fiano salentino dal colore giallo-arancio con riflessi ambrati, aromi di albicocca e sentori gusto-olfattivi di confettura di pesca, bilanciata da una discreta sapidità. Un prodotto nuovo per questa azienda, ma che ho avuto modo di apprezzare già l’estate scorsa durante il “Due Mari Winefest” quando la bottiglia non aveva ancora questo nome e la relativa etichetta, presentandosi semplicemente come "Fiano Intenso".

Interessanti bianchi macerati sono anche il Sara Broncano della spagnola Bodega Felipe Cerro, un vino di grande struttura, sorretta dai 14,2 gradi di volume alcolico, che ammanta la vista con un ambra viva e il naso con frutta matura e spezie dolci, e l’Eletra di Andrea Barbieri, giovane vignaiolo valdostano che per questo vino utilizza i tipici uvaggi della sua regione, Moscato Bianco, Chardonnay e Petite Arvine; la fermentazione è spontanea, con macerazione sulle bucce per 14 giorni in vasche di vetroresina e successivo affinamento in botti di legno per sei mesi sulle proprie fecce fini: struttura gusto olfattiva complessa, in cui si riconoscono la pesca gialla, il miele, con un finale leggermente amarognolo. Andrea Barbieri è un vero sperimentatore, quasi eroico, convinto delle potenzialità del naturale e delle tecniche innovative, come la semi-macerazione carbonica.

Macerazione carbonica è definita la tecnica in cui i grappoli d’uva a bacca rossa interi vengono immessi in un contenitore chiuso ermeticamente e saturo di anidride carbonica. All’interno avviene la fermentazione alcolica intracellulare. Questa tecnica è utilizzata per produrre il vino novello, ovvero quei vini pronti subito, molto fruttati, ma che hanno poca struttura tannica e breve durata.

Per vini a macerazione semi-carbonica, si intendono quei prodotti che solo per una percentuale sono ottenuti con la tecnica del novello, mentre la restante è ottenuta dalla normale fermentazione alcolica e successiva vinificazione in rosso, con macerazione sulle bucce. Si ottengono così vini morbidi, con discreta acidità e con struttura tannico-alcolica importante.

L’Eremo di Andrea Barbieri è un rosso da uve autoctone valdostane, tra cui il Fumìn e il Petit Rouge, 50% a fermentazione carbonica, con un affinamento in botti di rovere francese di secondo passaggio. Rubino intenso, con sfumature violacee, al naso richiama frutti maturi e note speziate e al palato risulta corposo e persistente.

Con il termine metodo ancestrale viene definita la spumantizzazione ottenuta con rifermentazione in bottiglia, come avviene per gli spumanti metodo classico, tipo Champagne, ma senza la sboccatura e ricolmatura. La sboccatura serve, al termine della seconda fermentazione, ad eliminare le fecce (lieviti esausti e eventuali zuccheri residui), prima di essere ricolmato con lo stesso vino o miscela alcolico-zuccherina (liqueur d’expedition). In realtà, il metodo ancestrale sarebbe il primo metodo di spumantizzazione, quando la fermentazione nei tini dovuta all’azione dei lieviti indigeni dell’uva veniva rallentata per recuperare gli zuccheri residui per poi rimetterli in bottiglia per far riprendere la fermentazione all’interno della stessa. Normalmente, non effettuando la sboccatura, questi vini si presentano torbidi con sentori olfattivi di pane appena sfornato più accentuati dovuta alla maggiore presenza di lieviti. Questi spumanti si riconoscono dal tappo a corona e dal fondo torbido ben visibile, dovuto alla presenza dei lieviti scesi per gravità. Normalmente, si deve rovesciare lentamente un paio di volte la bottiglia, senza scuoterla, prima di servire.

La Tenuta Ca’ Sciampagne, azienda marchigiana sita nella splendida Urbino, punta molto sugli spumanti metodo ancestrale, con una linea di tutto rispetto: Spavengol, bianco ottenuto da Chardonnay e una percentuale di Sauvignon Blanc, fresco e fruttato (pesca bianca, susina, ananas); Revoluscion, da Biancame in purezza, con rifermentazione a base di mosto della stessa uva passita, strutturato, con aromi di frutta candita, frutta secca e crosta di pane; Zigara, rosato da uve Bianchello e Sangiovese, floreale (petali di rosa) e fruttato (lampone e ciliegia); Guidobaldo, Sangiovese rosso, con profumi e aromi fruttati (mora, ribes), discretamente tannico. Tutti questi spumanti presentano un’effervescenza molto sottile, appena palpabile, ma lineare.

Chiudo questo mio giro di degustazioni con il Passò della Cantina Pantun, un rosso da uve Primitivo allevate ad alberello e leggermente appassite su pianta, vendemmiate a fine settembre. La fermentazione spontanea avviene in mastello da 600 litri, macerazione sulle bucce per due settimane e affinamento in damigiane di vetro da 54 litri per un anno, prima di essere imbottigliate e elevate per altri sei mesi. Un vino caldo, rotondo, con tannino setoso, molto gradevole, nonostante l’importante tenore alcolico (16% vol). La Cantina Pantun a conduzione familiare, certificata biologica, si trova a Mottola (TA) e ha i vigneti adagiati sui colli adiacenti il Parco delle Gravine, tra la Murgia barese e il mare Jonio. Da visitare.

Paolo Bargelloni

Evoluzione Naturale è un evento organizzato e promosso da Qiblì - eventi e comunicazione, Associazione Intersezioni, Fatìa, Vineria dal Medico, Vino è... Musica, con la collaborazione di Slow Food Grottaglie Vigne e Ceramiche ed il patrocinio del Comune di Grottaglie e del GAL Magna Grecia.